L’apnea nei mammiferi marini ha da sempre affascinato molti ricercatori e biologi. Essi infatti, negli ultimi vent’anni, hanno mostrato un interesse sempre più acceso e mirato a voler comprendere quale sia il segreto delle lunghissime immersioni, fatte trattenendo il respiro, di questi meravigliosi animali acquatici.
Alcune specie marine, tra cui ricordiamo le lontre di mare, i delfini e le balene, riescono infatti a rimanere sott’acqua senza respirare per un periodo di tempo che spesso supera i 30 minuti. Questa straordinaria capacità consente loro di raggiungere quote abissali misurate in ben oltre i 2000 mt. Il capodoglio (Physeter macrocephalus) per esempio, può restare in immersione anche per più di 60 minuti, mentre la foca (Phocidae) riesce a nuotare in apnea per quasi 90 interminabili minuti.
La peculiarità di questi mammiferi sta nel fatto che riescono non soltanto a trattenere il respiro per lungo tempo ma anche a rimanere concentrati e lucidi durante l’intera immersione in apnea. Essendo anche predatori, infatti, si trovano spesso a dover individuare ed inseguire le loro prede durante l’intera immersione e lo fanno resistendo alle enormi pressioni idrostatiche che i loro corpi sono costretti a subire durante la discesa nelle profondità del mare.
Un gruppo di ricercatori della University of Liverpool, della University of Mantioba e della University of Alaska, ha di recente pubblicato uno studio molto interessante http://science.sciencemag.org/content/340/6138/1234192 sulla rivista Science. Attraverso questa ricerca si è cercato di comprendere quali meccanismi fisiologici si celassero in questi mammiferi durante le loro discese negli abissi. Gli scienziati si sono essenzialmente concentrati nell’osservazione di una proteina, la mioglobina. Quest’ultima è una proteina importantissima la cui funzione specifica è principalmente quella di legare l’ossigeno; essa infatti, presente nei tessuti muscolari di tutti gli animali, sia terrestri che acquatici, si presenta in elevate quantità tanto nei pinnipedi quanto nei cetacei. La caratteristica del tutto singolare che consente però a questi “signori del mare” di avere apnee così lunghe, è la presenza della carica elettrica positiva sulla superficie di questa indispensabile proteina globulare. Questa peculiarità di fatto impedirebbe di far attaccare le molecole le une alle altre durante lo schiacciamento derivato dalla pressione del mare. Gli scienziati hanno quindi potuto affermare che l’elevata presenza di mioglobina e la presenza della carica elettrica, consentirebbero di far trasportare più efficacemente l’ossigeno nelle strutture muscolari e nel cervello durante le immersioni profonde.
Questo adattamento chiave ha consentito a questi campioni dell’apnea di stabilire record unici al mondo. Il detentore assoluto che però si è contraddistinto per le sue incredibili immersioni subacquee è stato lo Zifio (Ziphius cavirostris). Appartenente all’ordine dei cetacei, lo Zifio viene descritto dai ricercatori come un nuotatore rilassato e tranquillo; nuotando ad una velocità di circa 3 nodi, secondo uno studio del team di ricerca del Cascadia Research Collective, è infatti riuscito a stabilire il record di immersione in apnea scendendo fino alla straordinaria profondità misurata in 2992 metri e calcolata in un tempo di 137,5 minuti.